megalopsichia
Cari
Amici,
siccome il pezzo mi piace troppo l'ho sbobbinato e riassunto.
Ecco qui di seguito l'estratto:
"Nell'antichità abbiamo un estrema varietà di idee sulla Natura:
gli Epicurei pensano una cosa della natura, gli aristotelici un'altra, gli stoici un'altra ancora, ecc.
Tuttavia ciò che accomuna tutte le idee di natura presso gli antichi è un atteggiamento fondamentale
in base al quale la Natura è considerata come un grande "
esercizio spirituale".
In patica ciò che si ha di mira nello studio della natura è la profonda trasformazione dello studioso
e dell'osservatore.
Per Aristotele, ad esempio, bisognava studiare la Natura perchè ciò ci fa diventare più vicini
alla "
vita divina" cioè alla vita della contemplazione. E questa vicinanza trasforma noi stessi nel
rapporto con il mondo, nel rapporto con gli altri, nel rapporto con la ricerca della verità.
Quindi "
la traformazione degli umani", questa è la filosofia della natura come modo di vivere e non
solamente come modo di pensare. Infatti il pensiero è solo
una parte del modo di vivere.
Invero vi sono certe verità che si possono comprendere
solo se l'osservatore si trasforma adeguatamente,
altrimenti non appariranno mai.
Questa è la base di qualsiasi
Sapienza in qualsiasi cultura.
Non posso pensare di capire l'interdipedenza tra noi e il mondo, di vederla, di percepirla, se non ho
trasformato profondamente il mio modo di essere, il mio modo di fare.
Non posso guardare il cielo in modo tale che io sia meravigliato da questo spettacolo e quindi senta di
appartenere a qualcosa che va più in la di me se non mi sono posto nella condizione idonea.
La conoscenza della natura è un qualcosa che va al di la dell'utile immediato... ciò però non vuol dire
che deve essere contro l'utile. Tuttavia si tratta di un "
utile" che non ha nulla a che vedere con l'utile
"mio" "tuo" ma è un utile è ad un livello superiore.
Quindi occorre superare l'utile immediato, l'utile "io" "mio" come direbbero i buddisti, affinchè nella
dimensione dell'ordine della natura si produca quella che i greci chiamavano "
megalopsichia", la grande
anima, la magnanimità.
Per gli antichi questo era fondamentale, l'esercizio della natura serve a produrre la "grande anima".
Se un individuo si appassionasse, si innamorasse dello spettacolo del cielo ciò senza volere l'aiuterebbe
a diventare "megalopsichico", ciò l'aiuterebbe a mettersi in questa dimensione straordinaria che va molto al
di la del suo "io" "mio".
La megalopsichia va al di la dell'utile ma è anche
coscienza del limite... l'io nel suo rapporto con il cosmo
si espande ma nello stesso tempo si relativizza.
Noi non siamo dio ma siamo parte del tutto... ciò significa riconoscere la propria giusta misura.
Questo è il senso del limite degli antichi. Misura nello spazio e nel tempo.
La megalopsichia va costruita attraverso l'"
obiettività" che è tutt'altra cosa rispetto all'oggettivismo
positivista. L'obiettività è lo sforzo di non coincidere coi propri interessi immediati, di riconoscere
che c'è qualcosa di vero al di la del proprio interesse utilitaristico.
L'obiettività è l'aiutarsi ad uscire dalla condizione egoistica, al di la dei propri singoli interessi.
Detto in un altro modo l'
utilità etica dell'uomo è
la purificazione e l'allontanamento dalle passioni solamente soggettive.
Attraverso la contemplazione si potrebbe deporre il fardello dei nostri interessi mondani i quali sono
ridicolizzati dinnanzi al grande spettacolo della natura.
Deporre il fardello vuol dire rinunciare ad affermare noi stessi a qualunque prezzo contro l'ordine del
mondo e a spese degli altri."
Salute a tutti
MdC