ecco la mia visione
asteroide 325
- Posso sedermi? avanzò timidamente il piccolo principe
- Ti ordino di sederti, gli rispose il re, che ritirò con maestà un lembo del suo mantello d'ermellino.
Ma si meravigliò il piccolo principe: il pianeta era piccolissimo. Su che cosa il re poteva regnare?
- Sire..., disse, vi chiedo scusa se vi chiedo...
- Ti ordino di interrogarmi, si affrettò a dire il re.
- Sire... su che cosa regnate?
- Su tutto, rispose il re con grande naturalezza.
- Su tutto?
Il re con un cenno misurato indicò il suo pianeta, gli altri pianeti e le stelle.
- Su tutto questo? chiese il piccolo principe.
- Su tutto questo... rispose il re.
Infatti non era soltanto un monarca assoluto, ma anche un monarca universale.
- E, vi obbediscono, le stelle?
- Certamente, rispose il re. Obbediscono immediatamente. Non tollero l'indisciplina, io.
Un così grande potere meravigliò il piccolo principe. Se egli ne fosse stato investito, avrebbe potuto assistere, non a quarantaquattro, ma a settantadue, fors'anche a cento, o anche a duecento tramonti nello stesso giorno, senza aver bisogno di spostare la sua sedia. E siccome si sentiva un po' triste al ricordo del suo piccolo pianeta abbandonato, si azzardò a chiedere una grazia al re:
- Vorrei veder tramontare il sole... Per favore... Comandate al sole di tramontare...
- Se io ordinassi a un generale di volare da un fiore all'altro come una farfalla, o di scrivere una tragedia, o di tramutarsi in uccello di mare, e se il generale non eseguisse l'ordine ricevuto, chi, fra me e lui, avrebbe torto?
- Sareste voi, disse con sicurezza il piccolo principe.
- Precisamente. Bisogna pretendere da ciascuno ciò che può dare, continuò il re. L'autorità è basata infatti sulla ragione. Se tu ordinassi al tuo popolo di andare a buttarsi a mare, farebbe la rivoluzione. Io ho il diritto di esigere obbedienza perché i miei ordini sono ragionevoli.
- E per il mio tramonto? ricordò il piccolo principe che mai dimenticava una domanda una volta che l'aveva posta.
- Il tuo tramonto del sole, l'avrai. Lo pretenderò. Ma aspetterò, nella mia sapienza di governo, che le condizioni siano favorevoli.
- E quando accadrà? cercò di sapere il piccolo principe
- Hem! Hem! gli rispose il re, che consultò subito un grosso lunario, hem! hem, accadrà, verso... verso... accadrà questa sera intorno alle sette e quaranta minuti! e avrai modo di vedere come sia obbedito.
Il piccolo principe sbadigliò. Gli dispiaceva per il suo tramonto perduto. E poi s'annoiava già un poco.
- Non ho più nulla da fare qui, disse al re. Ora parto di nuovo.
- Non partire, rispose il re che era così fiero di avere un suddito. Non partire, ti farò ministro!
- Ministro di cosa?
- Di... della giustizia!
- Ma non c'è nessuno da giudicare!
- Non si sa mai, gli disse il re. Non ho ancora fatto il giro del mio reame. Sono molto vecchio, non ho posto per una carrozza, e allora mi stanco a camminare.
- Oh! Ma ho già visto io, disse il piccolo principe che si chinò un poco per buttare un colpo d'occhio sull'altra faccia del pianeta. Non c'è nessuno laggiù, proprio nessuno...
- Allora ti giudicherai da solo, gli rispose il re. E' la cosa più difficile. E' certo più difficile giudicarsi da soli che giudicare altrui. Se tu riesci a giudicarti da solo, sei davvero un saggio.
- Io, disse il piccolo principe, posso giudicarmi da solo dove mi pare. Non ho bisogno di vivere qui.